Onorevoli Colleghi! - Il testo recante modifiche alla seconda parte della Costituzione approvato dalla Commissione affari costituzionali va anzitutto collocato nel dibattito sull'adeguamento della Costituzione repubblicana, che vanta ormai una storia più che ventennale. Riconoscere la necessità dell'adeguamento, anche formale, della Carta di cui ricorre - fra due mesi - il sessantesimo anniversario dell'approvazione da parte dell'Assemblea costituente (avvenuta il 22 dicembre 1947) implica una duplice constatazione.
Da un lato, infatti, ragionando di un adeguamento del testo costituzionale e non di una sua riforma radicale, si intende riconoscere la validità della Carta costituzionale dell'Italia post-bellica.
D'altro lato, riconoscere l'esigenza di un adeguamento significa prendere atto che alcune scelte compiute oltre mezzo secolo fa dai padri costituenti in materia di ordinamento della Repubblica accusano l'usura del tempo e richiedono un aggiornamento. Certo, quest'ultimo ha continuamente luogo anche in forme diverse dalla modifica formale, in ragione dell'apertura del progetto costituzionale, percepibile non solo nei principi previsti nella prima parte, ma anche nell'essenziale profilo del governo parlamentare previsto nella seconda. Tuttavia, proprio per quanto attiene all'organizzazione costituzionale dello Stato, il lungo dibattito sulle riforme svoltosi dall'inizio degli anni ottanta ad oggi ha isolato alcuni punti di consenso, su due temi fra loro distinti, ma anche in un certo modo connessi.
Se, infatti, si ripercorre il lungo cammino segnato dal «decalogo Spadolini» (1982), dal Comitato Riz-Bonifacio (VIII legislatura), dalla Commissione Bozzi (IX legislatura), dalla Commissione De Mita Iotti (XI legislatura), dal Comitato Speroni (1994), dalla Commissione D'Alema (XIII legislatura), dalla riforma del titolo V nel 2001 e dal disegno di legge approvato dalle Camere nel 2005 e respinto dal corpo elettorale nel referendum confermativo del 2006, si individuano alcuni fili conduttori comuni, che attraversano progetti di riforma costituzionale pur molto diversi tra loro per vari aspetti.
Tali fili conduttori attengono a due grandi questioni: da un lato l'esigenza di superare il bicameralismo paritario, individuando nel Senato una istanza di rappresentanza territoriale; dall'altro il rafforzamento del Presidente del Consiglio dei ministri all'interno del potere esecutivo. Certo, non si può negare che i vari progetti di revisione costituzionale sin qui succedutisi abbiano individuato soluzioni fra loro molto diverse ai problemi ora accennati. Né si può tacere che tali progetti si sono fra loro differenziati per il grado di incisività delle riforme che proponevano, o per la dimensione dello scostamento dall'ispirazione originaria della Costituzione. Tuttavia, pur fra queste differenze, si possono scorgere alcuni contenuti minimi comuni: ed è proprio su questi contenuti - sui quali si può forse ritenere che si sia formato un consenso «per intersezione» fra le varie forze politiche - che il presente testo tenta di intervenire.
Il metodo seguito ha privilegiato l'adozione di interventi mirati e limitati, pur se dalla portata fortemente innovativa. Questa scelta caratterizza la presente proposta rispetto ai precedenti tentativi di realizzare una «grande riforma» onnicomprensiva. Il testo è perciò il frutto di un metodo pragmatico e graduale, che non impedisce affatto di affrontare, nei tempi e con il respiro necessario, le altre grandi questioni istituzionali che il Paese si trova
Si illustrano ora le opzioni normative in cui questi orientamenti di fondo vengono tradotti.
La revisione del sistema bicamerale.
Il testo, pur ritenendo necessario conservare al nostro ordinamento i caratteri di un sistema bicamerale, ha inteso procedere nel senso di un deciso superamento dell'attuale bicameralismo paritario, differenziando le due Camere con riguardo al titolo di legittimazione, alla composizione,
La trasformazione più profonda, come si dirà subito, riguarda il Senato della Repubblica, ma anche la Camera dei deputati è oggetto di rilevanti interventi modificativi, con particolare riguardo alla composizione.
L'articolo 2 del testo della Commissione, novellando l'articolo 56 della Costituzione, incide infatti sul numero dei deputati, che viene ridotto da 630 a 500, oltre al numero dei deputati eletti nella circoscrizione Estero.
Non viene modificata la disciplina dell'elettorato attivo, per il quale resta il «suffragio universale e diretto»; quanto all'elettorato passivo, l'età minima per essere eletti si abbassa invece dai 25 ai 18 anni.
Venendo al Senato della Repubblica, questo - come dispone l'articolo 1 del testo della Commissione, che riscrive il primo comma dell'articolo 55 della Costituzione - muta il suo nome in «Senato federale della Repubblica». La nuova denominazione evidenzia la volontà di individuare nel Senato l'organo costituzionale che connota la scelta in senso federalista del progetto di riforma, e l'organo nel quale si intende realizzare il raccordo tra le potestà legislative e normative delle autonomie territoriali e dello Stato - enti costitutivi della Repubblica, ai sensi dell'articolo 114 della Costituzione - e la partecipazione del sistema politico regionale e locale alle funzioni «alte» dell'ordinamento costituzionale.
Riflette con chiarezza questa scelta la composizione del Senato federale, come definita dall'articolo 3 del testo della Commissione, che sostituisce integralmente l'articolo 57 della Costituzione. Suo carattere innovativo fondamentale è l'abbandono dell'elezione a suffragio universale e diretto (il successivo articolo 4 abroga in conseguenza l'articolo 58 della Costituzione) in favore dell'elezione di secondo grado ad opera delle assemblee elettive regionali e dei consigli delle autonomie locali. Di tali soggetti istituzionali, e delle relative comunità, il Senato federale diviene interprete nel procedimento di formazione delle leggi. Sono parallelamente ricondotte alla sola Camera dei deputati la rappresentanza politica generale nascente dalla diretta legittimazione popolare, e la correlativa responsabilità che trova la sua espressione nel rapporto di fiducia.
La maggior parte dei senatori è eletta da ciascun Consiglio regionale, tra i propri componenti, con voto limitato al fine di garantire la rappresentanza delle minoranze. Le modalità di elezione saranno definite da una legge dello Stato.
Il numero degli eletti in ciascuna Regione varia in base alla popolazione, ma la natura dell'organo ha suggerito di abbandonare un criterio di stretta proporzionalità. In particolare, i Consigli regionali eleggono:
cinque senatori nelle Regioni con popolazione sino a un milione di abitanti;
sette senatori nelle Regioni con più di un milione e fino a tre milioni di abitanti;
nove senatori nelle Regioni con più di tre milioni e fino a cinque milioni di abitanti;
dieci senatori nelle Regioni con più di cinque milioni e fino a sette milioni di abitanti;
dodici senatori nelle Regioni con più di sette milioni di abitanti.
Nelle regioni Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste e Molise i rispettivi Consigli regionali eleggono un solo senatore.
Un'ulteriore quota di senatori (uno nelle Regioni sino a un milione di abitanti; due nelle Regioni con popolazione superiore, anche in questo caso con voto limitato) è eletta in rappresentanza delle autonomie locali. Sono eleggibili i componenti dei Consigli dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane; il corpo elettorale è invece individuato nel Consiglio delle autonomie locali.
Com'è noto, il Consiglio delle autonomie locali è un organo di recente introduzione nell'ordinamento: esso è previsto dal quarto comma dell'articolo 123 della Costituzione, nel testo riformulato dalla legge di riforma del titolo V della parte II
La funzione legislativa dello Stato.
La nuova configurazione del procedimento di formazione delle leggi dello Stato appare una necessaria risultante della già menzionata scelta di fondo in favore del superamento del bicameralismo paritario, operata dal progetto di riforma attribuendo a un ramo del Parlamento la natura di Camera rappresentativa delle realtà territoriali, e all'altro ramo la titolarità del rapporto di fiducia con il Governo.
L'obiettivo perseguito è quello di assicurare una significativa partecipazione del nuovo Senato federale a tutte le procedure legislative, rafforzando anzi il peso istituzionale delle sue deliberazioni nelle materie che più da vicino incidono sul rapporto Stato-autonomie territoriali, e mantenendo il suo ruolo paritario nell'adozione delle scelte «di sistema»; senza peraltro consentire che, nella restante attività legislativa, tale peso si trasformi in un veto non superabile, tale da paralizzare l'iter legislativo e impedire l'attuazione del programma sul quale il Presidente del Consiglio abbia ottenuto la fiducia della Camera.
Contestualmente, si è cercato di semplificare e snellire il procedimento legislativo definendo, per quanto possibile, i
un procedimento che potrebbe definirsi «bicamerale paritario», nel quale, non diversamente da oggi, Camera e Senato federale esercitano collettivamente la funzione legislativa;
un procedimento «bicamerale a prevalenza Camera», nel quale il testo approvato, in prima lettura, dalla Camera dei deputati può essere modificato dal Senato federale, ferma restando in capo alla Camera la deliberazione sul testo definitivo;
un terzo procedimento, secondo il quale, dopo l'approvazione da parte della Camera dei deputati, se le modifiche approvate dal Senato riguardano le materie di cui all'articolo 118, commi secondo e terzo, o 119, commi terzo, quinto e sesto, la Camera può ulteriormente modificarle o respingerle solo a maggioranza assoluta dei propri componenti;
un quarto procedimento, nel quale è invece riservato al Senato l'esame del progetto di legge in prima lettura, spettando comunque alla Camera l'approvazione definitiva.
Il procedimento «bicamerale paritario», di cui al primo comma del nuovo articolo 70 della Costituzione, non presenta differenze rispetto a quello oggi in vigore (non a caso il nuovo testo conserva il termine «collettivamente», già presente nel vigente articolo 70). Esso richiede che i due rami del Parlamento esaminino, in successive letture, il progetto di legge e lo approvino nel medesimo testo.
Tale procedimento trova peraltro applicazione solo per alcune categorie di provvedimenti. Si tratta di quelli che direttamente incidono sull'assetto costituzionale, o definiscono il quadro delle regole generali che presiedono ai rapporti tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica (Regioni, Province, Comuni, Città metropolitane: ai sensi dell'articolo 114 della Costituzione):
le leggi costituzionali (per le quali resta ferma la procedura di cui all'articolo 138 della Costituzione, che richiede la doppia lettura da parte delle due Camere e consente il ricorso al referendum) e quelle in materia elettorale;
le leggi che disciplinano:
gli organi di governo e le funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane (il testo riprende qui il dettato dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione);
l'ordinamento di Roma, capitale della Repubblica (articolo 114, terzo comma, della Costituzione);
l'attribuzione a Regioni a statuto ordinario di forme e condizioni particolari di autonomia (articolo 116, terzo comma, della Costituzione);
le procedure e l'esercizio del potere sostitutivo con riguardo alla partecipazione delle Regioni alla «fase ascendente» e «discendente» del diritto comunitario e all'esecuzione degli accordi internazionali (articolo 117, comma quinto, della Costituzione), nonché il «potere estero» delle Regioni (articolo 117, comma nono, della Costituzione);
le procedure per l'esercizio (nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione) dei poteri sostitutivi del Governo nei confronti di Regioni ed enti locali (articolo 120, secondo comma, della Costituzione);
i princìpi fondamentali concernenti il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali (articolo 122,
i princìpi fondamentali per la formazione e la composizione dei Consigli delle autonomie locali (articolo 123, quinto comma, della Costituzione, introdotto dall'articolo 18 del testo della Commissione);
il passaggio di Province o Comuni da una Regione ad un'altra (articolo 132, secondo comma, della Costituzione), il mutamento delle circoscrizioni provinciali e l'istituzione di nuove Province (articolo 133, primo comma, della Costituzione);
le leggi che istituiscono e disciplinano le Autorità di garanzia e di vigilanza (che in questa sede, e per la prima volta, trovano un riconoscimento a livello costituzionale);
le leggi in materia di tutela delle minoranze linguistiche.
La generalità degli altri progetti di legge, ai sensi del riformulato terzo comma dell'articolo 70 della Costituzione, è invece esaminata e approvata in prima lettura dalla Camera dei deputati. Il Senato federale della Repubblica, al quale è trasmesso il testo approvato, su richiesta di un quinto dei suoi componenti può esaminarlo e (entro trenta giorni dalla trasmissione, termine ridotto alla metà per i disegni di legge di conversione di decreti-legge) può modificarlo.
Spetta comunque alla Camera dei deputati pronunciarsi su tali modifiche in via definitiva.
Se, tuttavia, le modifiche riguardano materie di precipuo interesse regionale, esse hanno un valore per dir così «rinforzato»: la Camera può infatti discostarsi da quanto il Senato federale ha deliberato solo votando a maggioranza assoluta dei propri componenti.
Le materie su cui tale maggioranza qualificata è richiesta sono le seguenti:
il conferimento di funzioni amministrative ai diversi livelli territoriali di governo (articolo 118, comma secondo, della Costituzione) e il coordinamento dell'attività amministrativa tra Stato e Regioni in determinate materie (articolo 118, comma terzo, della Costituzione);
l'istituzione di un fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale (articolo 119, comma terzo, della Costituzione);
gli interventi speciali dello Stato in favore di determinati enti territoriali (articolo 119, comma quinto, della Costituzione);
i princìpi generali di attribuzione del patrimonio a Regioni ed enti locali (articolo 119, comma sesto, della Costituzione).
Il secondo comma del nuovo articolo 70 della Costituzione individua una terza modalità di approvazione, riservata unicamente alle leggi che hanno lo scopo di determinare i principi fondamentali nelle materie rientranti nella competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
I relativi progetti di legge sono individuati dai Presidenti delle due Camere, d'intesa tra loro, per essere assegnati al Senato federale della Repubblica che, dunque, li esamina sempre in prima lettura.
Il testo esaminato ed eventualmente emendato dal Senato federale è trasmesso, dopo l'approvazione, alla Camera dei deputati, alla quale spetta l'esame in seconda lettura e l'approvazione in via definitiva. La Camera può dunque certamente modificare il testo approvato dal Senato: ma qualsiasi emendamento dovrà in tal caso essere approvato a maggioranza assoluta dei componenti l'Assemblea.
La forma di Governo e i rapporti Governo-Parlamento.
Gli articoli 14 e 15 del progetto di legge costituzionale intervengono rispettivamente sugli articoli 92 e 94 della Costituzione, che disciplinano la formazione del Governo e il rapporto di fiducia tra questo e il Parlamento. La finalità perseguita è
La riscrittura dell'articolo 94 della Costituzione operata dall'articolo 15 del testo della Commissione introduce anch'essa due elementi di novità:
la fiducia è accordata non più al Governo, bensì al Presidente del Consiglio dei ministri, che presenta il suo Governo alla Camera;
la fiducia è accordata o revocata non più da entrambe le Camere, bensì dalla sola Camera dei deputati; è dunque solo con quest'ultima che intercorre il rapporto fiduciario.
Il primo elemento innovativo, al pari del descritto potere di revoca dei ministri, ha la finalità di rafforzare la posizione del Presidente del Consiglio sia nell'ambito della compagine governativa sia nel rapporto con le forze politiche che lo sostengono; il secondo elemento di novità ha l'effetto di escludere il Senato federale dal rapporto di fiducia, coerentemente con la sua nuova composizione che ne fa la sede parlamentare di rappresentanza delle autonomie territoriali.
Un'ulteriore modifica è apportata alla disciplina della mozione di sfiducia, di cui al quinto comma dell'articolo 94 della Costituzione: essa deve essere firmata da almeno un terzo - e non più un decimo - dei componenti la Camera dei deputati e deve essere approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti. Anche tale modifica mira a rafforzare la stabilità dell'Esecutivo.
A rafforzare la posizione del Governo in Parlamento, onde consentirgli una più efficiente attuazione del suo programma, è finalizzato anche l'articolo 8 del testo della Commissione, che aggiungendo un comma all'articolo 72 della Costituzione consente al Governo di chiedere che un disegno di legge sia iscritto con priorità all'ordine del giorno e sia votato entro una data determinata.
I limiti e le modalità di esercizio di tale prerogativa sono peraltro rimessi ai regolamenti delle due Camere, alle quali è garantito in ogni caso il tempo necessario a consentire un adeguato esame del disegno di legge.
Altre disposizioni introducono ulteriori strumenti di garanzia a favore dell'istituzione parlamentare, limitando o sottoponendo a controllo l'esercizio del potere legislativo da parte del Governo nelle due
rinnovare disposizioni di decreti non convertiti in legge;
ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale;
conferire deleghe legislative;
attribuire poteri regolamentari in materie già disciplinate con legge.
Sono in tal modo elevati a rango di norma costituzionale anche alcuni limiti alla decretazione d'urgenza già presenti nell'ordinamento (all'articolo 15 della legge n. 400 del 1988), ma troppo facilmente derogabili in quanto disposti con legge ordinaria.
Il Presidente della Repubblica.
Tra le varie modifiche apportate dall'articolo 13 del testo in esame al titolo II della parte II della Costituzione, che tratta la figura del Presidente della Repubblica, alcune - pur rilevanti - rispondono ad esigenze di coordinamento. Ci si riferisce principalmente:
all'abrogazione del secondo comma dell'articolo 83 della Costituzione, che prevede l'integrazione del Parlamento in seduta comune con delegati regionali in occasione dell'elezione del Capo dello Stato. La presenza di tali delegati non appare più necessaria in presenza di un Senato federale i cui componenti sono la diretta espressione delle assemblee elettive regionali e delle rappresentanze locali;
all'attribuzione al Presidente della Camera dei deputati delle funzioni di supplenza in caso di temporaneo impedimento del Capo dello Stato (articolo 86 della Costituzione);
all'esercizio del potere di scioglimento (articolo 88 della Costituzione), che viene limitato alla sola Camera dei deputati.
Costituisce invece una sostanziale, ulteriore novità la modifica apportata all'articolo 84 della Costituzione, in virtù della quale l'età minima che (insieme alla cittadinanza e al godimento dei diritti civili e politici) costituisce il solo requisito per l'elezione alla carica di Presidente della Repubblica è abbassata dagli attuali cinquanta a quaranta anni.
Le disposizioni di coordinamento e la disciplina transitoria.
Gli articoli 6, 9, 12, 16, 17, 19 e 20 recano tutte disposizioni necessarie al coordinamento tra le modifiche apportate dal progetto di legge e le restanti parti del testo costituzionale.
Va in particolare segnalato l'articolo 19, che modifica il primo comma dell'articolo 126 della Costituzione, relativo allo scioglimento dei Consigli regionali e alla rimozione dei Presidenti delle Giunte regionali per atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge, o per ragioni di sicurezza pubblica. Il testo vigente richiede che il decreto motivato di scioglimento sia adottato dal Presidente della Repubblica «sentita una Commissione di deputati e senatori costituita, per le questioni regionali, nei modi stabiliti con legge della Repubblica». Tenuto conto della composizione del Senato federale, in cui le
Gli ultimi due articoli del testo recano la disciplina transitoria necessaria per condurre a regime la riforma costituzionale. Tale disciplina dovrà naturalmente essere adeguata in relazione alle eventuali ulteriori modifiche che l'Assemblea riterrà di apportare al testo.
L'articolo 21, al comma 1, prevede che le disposizioni introdotte dalla riforma trovino applicazione a decorrere dalla legislatura successiva a quella in corso, «e con riferimento alle relative elezioni delle due Camere». Quest'ultimo inciso mira a chiarire che, sin dall'entrata in vigore della legge costituzionale, dovranno tempestivamente predisporsi gli strumenti legislativi necessari alla sua successiva operatività, con particolare riguardo:
alle modifiche alla disciplina per l'elezione della Camera necessarie per tener conto della riduzione del numero dei deputati e dell'abbassamento della soglia di età per l'attribuzione dell'elettorato passivo;
all'adozione della legge statale che detti le modalità di elezione del Senato federale della Repubblica;
all'adozione della legge dello Stato e della successiva disciplina regionale atta a definire le nuove modalità di formazione e composizione dei Consigli delle autonomie locali.
La disciplina elettorale dovrà essere approvata - secondo quanto dispone il comma 3 dell'articolo - entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di riforma.
Il comma 2 disciplina la prima elezione del Senato federale della Repubblica: questa avrà luogo contestualmente all'elezione della Camera dei deputati (anch'essa nella nuova composizione) al termine della corrente legislatura, ad opera dei Consigli regionali in carica. Nelle Regioni i cui Consigli risultassero sciolti a tale data, l'elezione sarebbe differita per essere effettuata dal Consiglio neoeletto. I senatori così eletti resteranno in carica sino al rinnovo dei rispettivi Consigli regionali.
I Consigli delle autonomie locali, precisa infine il secondo periodo del comma 3, provvederanno ad eleggere i senatori di propria competenza solo quando saranno ricostituiti in conformità ai princìpi uniformi di composizione definiti con legge dello Stato; sino ad allora, anche l'elezione di tali senatori sarà effettuata dai Consigli regionali.
L'articolo 22 reca una «clausola di salvaguardia» per le Regioni a statuto speciale, la cui formulazione è del tutto simile a quella di cui all'articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, di revisione del Titolo V. Essa prevede che, sino all'adeguamento dei rispettivi statuti di autonomia (da effettuare con legge costituzionale), le disposizioni introdotte dalla riforma si applichino anche alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite.